Inghilterra, 18esimo secolo. La regina Anna è una creatura fragile dalla
salute precaria e il temperamento capriccioso. Facile alle lusinghe e
sensibile ai piaceri della carne, si lascia pesantemente influenzare
dalle persone a lei più vicine, anche in tema di politica
internazionale. E il principale ascendente su di lei è esercitato da
Lady Sarah, astuta nobildonna dal carattere di ferro con un'agenda
politica ben precisa: portare avanti la guerra in corso contro la
Francia per negoziare da un punto di forza - anche a costo di
raddoppiare le tasse sui sudditi del Regno. Il più diretto rivale di
Lady Sarah è l'ambizioso politico Robert Harley, che farebbe qualunque
cosa pur di accaparrarsi i favori della regina. Ma non sarà lui a
contendere a Lady Sarah il ruolo di Favorita: giunge infatti a corte
Abigail Masham, lontana parente di Lady Sarah, molto più in basso nel
sistema di caste inglese.
Quel che non manca ad Abigail però sono
la bellezza e l'istinto di sopravvivenza, sviluppato in decenni di
abusi e prepotenze subìte. Quale delle due donne riuscirà ad insediarsi
per sempre come Favorita della regina?
Yorgos Lanthimos applica
la sua visione nichilista ad un trio tutto al femminile e a una società
teatro di sanguinosi conflitti di classe. E proprio perché il contesto e
le tre protagoniste hanno motivi condivisibili per essere spietate, la
storia esce dall'astrazione metafisica che aveva caratterizzato i lavori
precedenti del regista.
La Favorita è calato in un contesto
storico e politico ben preciso, e racconta senza troppe esagerazioni la
condizione femminile come un percorso a ostacoli all'interno di un mondo
patriarcale che lascia alle donne pochissimi spazi di manovra, e ancor
minori difese. L'unica donna che conta, qui, è la regina, ma questo non
la sottrae alle logiche del potere declinato al maschile, che si esprime
al grado zero con l'ennesima guerra. Anna è una bambina mai cresciuta
(e impossibilitata a veder crescere i suoi numerosi figli) capace di
improvvise gentilezze e di altrettanto imprevedibile ferocia. Una
creatura sola e malata al crocevia degli interessi degli altri,
mascherati da ossequio o da affetto. Ma al contrario di ogni altro
cittadino inglese, la regina può dire: "Si fa così perché lo dico io" -
il che è il sogno di ogni bambino viziato, oltre che la più elementare
espressione del potere assoluto. Per questo l'ironia che colora tutta la
narrazione è maliziosa e puerile, incline al dispetto più ancora che al
sopruso, e solleva (finalmente) la narrazione dal registro plumbeo di
molto Lanthimos precedente.
La cinepresa del regista (e del suo
direttore della fotografia, l'irlandese Robbie Ryan, già "occhio" di
Andrea Arnold) crea spazi compressi e claustrofobici, microcosmi
autoreferenziali schiacciati da un fish eye che stritola gli esseri
umani in una morsa fatale. All'interno delle sue inquadrature le tre
attrici protagoniste - Olivia Coleman nei panni della regina, in grado
di fingere un'emiparesi senza perdere i tempi comici e drammatici,
Rachel Weisz in quelli di Lady Sarah ed Emma Stone nel ruolo di Abigail -
fanno a gara a superarsi in bravura, ognuna alzando l'asticella
recitativa a mano a mano che nei loro personaggi aumenta il livello di
perfidia e la capacità di inventarsi strategie di dominio sempre più
perverse. Ad ogni loro gesto corrisponde un istinto vitale, ancorché
malato, che questa volta ha una giustificazione sociale e porta acqua al
mulino dell'empowerement femminile: mostrando però come la brutalità e
l'efferatezza non siano appannaggio solo maschile, ma parte integrante
(e imprescindibile) della natura umana.
MAR 02-04-2019 | 16:00 - 20:00 |
MER 03-04-2019 | 18:00 - 21:00 |
GIO 04-04-2019 | 20:30 |
Biglietto Intero | € 6.50 |
Biglietto Ridotto | € 5.00 |
Tessera Jolly 8 ingressi | € 36.00 |
Inghilterra, 18esimo secolo. La regina Anna è una creatura fragile dalla
salute precaria e il temperamento capriccioso. Facile alle lusinghe e
sensibile ai piaceri della carne, si lascia pesantemente influenzare
dalle persone a lei più vicine, anche in tema di politica
internazionale. E il principale ascendente su di lei è esercitato da
Lady Sarah, astuta nobildonna dal carattere di ferro con un'agenda
politica ben precisa: portare avanti la guerra in corso contro la
Francia per negoziare da un punto di forza - anche a costo di
raddoppiare le tasse sui sudditi del Regno. Il più diretto rivale di
Lady Sarah è l'ambizioso politico Robert Harley, che farebbe qualunque
cosa pur di accaparrarsi i favori della regina. Ma non sarà lui a
contendere a Lady Sarah il ruolo di Favorita: giunge infatti a corte
Abigail Masham, lontana parente di Lady Sarah, molto più in basso nel
sistema di caste inglese.
Quel che non manca ad Abigail però sono
la bellezza e l'istinto di sopravvivenza, sviluppato in decenni di
abusi e prepotenze subìte. Quale delle due donne riuscirà ad insediarsi
per sempre come Favorita della regina?
Yorgos Lanthimos applica
la sua visione nichilista ad un trio tutto al femminile e a una società
teatro di sanguinosi conflitti di classe. E proprio perché il contesto e
le tre protagoniste hanno motivi condivisibili per essere spietate, la
storia esce dall'astrazione metafisica che aveva caratterizzato i lavori
precedenti del regista.
La Favorita è calato in un contesto
storico e politico ben preciso, e racconta senza troppe esagerazioni la
condizione femminile come un percorso a ostacoli all'interno di un mondo
patriarcale che lascia alle donne pochissimi spazi di manovra, e ancor
minori difese. L'unica donna che conta, qui, è la regina, ma questo non
la sottrae alle logiche del potere declinato al maschile, che si esprime
al grado zero con l'ennesima guerra. Anna è una bambina mai cresciuta
(e impossibilitata a veder crescere i suoi numerosi figli) capace di
improvvise gentilezze e di altrettanto imprevedibile ferocia. Una
creatura sola e malata al crocevia degli interessi degli altri,
mascherati da ossequio o da affetto. Ma al contrario di ogni altro
cittadino inglese, la regina può dire: "Si fa così perché lo dico io" -
il che è il sogno di ogni bambino viziato, oltre che la più elementare
espressione del potere assoluto. Per questo l'ironia che colora tutta la
narrazione è maliziosa e puerile, incline al dispetto più ancora che al
sopruso, e solleva (finalmente) la narrazione dal registro plumbeo di
molto Lanthimos precedente.
La cinepresa del regista (e del suo
direttore della fotografia, l'irlandese Robbie Ryan, già "occhio" di
Andrea Arnold) crea spazi compressi e claustrofobici, microcosmi
autoreferenziali schiacciati da un fish eye che stritola gli esseri
umani in una morsa fatale. All'interno delle sue inquadrature le tre
attrici protagoniste - Olivia Coleman nei panni della regina, in grado
di fingere un'emiparesi senza perdere i tempi comici e drammatici,
Rachel Weisz in quelli di Lady Sarah ed Emma Stone nel ruolo di Abigail -
fanno a gara a superarsi in bravura, ognuna alzando l'asticella
recitativa a mano a mano che nei loro personaggi aumenta il livello di
perfidia e la capacità di inventarsi strategie di dominio sempre più
perverse. Ad ogni loro gesto corrisponde un istinto vitale, ancorché
malato, che questa volta ha una giustificazione sociale e porta acqua al
mulino dell'empowerement femminile: mostrando però come la brutalità e
l'efferatezza non siano appannaggio solo maschile, ma parte integrante
(e imprescindibile) della natura umana.