...Per riconquistare il cuore di Erin, che lo ha lasciato, poi lo ha ripreso e poi lo ha lasciato di nuovo, Jeff Bauman prepara un cartellone e si piazza sulla linea di traguardo della maratona di Boston. Ma Erin non finirà mai la gara perché una bomba esplode uccidendo e ferendo pubblico e partecipanti. Jeff è tra le vittime dell'esplosione. Amputato delle due gambe, Jeff ha visto uno degli attentatori e aiuta gli agenti dell'FBI a identificarlo. Ragazzo ordinario, diventa simbolo di resilienza ed eroe nazionale malgrado lui. Se la famiglia cavalca l'onda improvvisa della notorietà, Erin sembra l'unica ad accorgersi del dolore di Jeff, che vorrebbe solo rimettersi in piedi. Il percorso non sarà facile, per 'camminare come un uomo' non bastano due gambe nuove. L'irriducibile Peter Pan che vive ancora con la madre non ha altra scelta che diventare grande.
È impossibile prendere una posizione (critica) contro la virtù. La storia (vera) di Jeff Bauman risuona vicina allo spettatore come tutte le storie edificanti di cui Hollywood si nutre.
Stronger non ha niente della grande opera ma si iscrive onorabilmente tra i film che raggiungono il loro obiettivo, suscitare l'emozione, senza ricorrere all'enfasi. Alla riuscita di Stronger contribuisce non poco la performance di Jake Gyllenhaal, che si mantiene sempre al di qua del sentimentalismo. A remargli contro è lo script troppo concentrato sulle relazioni affettive e distratto, se non addirittura incurante del trauma e dell'adattamento post-amputazione del protagonista.
Focalizzato sugli aspetti fisico-oggettivi dell'amputazione e della riabilitazione protesica, più facilmente traducibili dalla grammatica cinematografica, Stronger sorvola sulla psicologia e sull'esperienza traumatica che avrebbe offerto a Gyllenhaal l'occasione di valorizzare la sua cifra di adolescente attardato e abitato da una perturbante estraneità. Corpo pervaso da un'indeterminatezza perenne, quasi sempre ferito in un affetto importante o da un rapporto mancato, l'attore rivela daccapo una fisicità puberale nella composizione di un ragazzo ordinario che diventa figura emblematica della resistenza bostoniana.
In soccorso della sua interpretazione interviene qualche volta la regia di David Gordon Green restituendo la prospettiva personale dell'uomo e del paziente. Il punto più alto di immaginazione cinematografica è il cambio di bendaggio, un singolo take che mette a fuoco il volto dell'attore e lascia fuori fuoco la fasciatura, che protegge e nasconde lasciando spazio all'illusione, e il personale sanitario incaricato di 'riparare' il danno. Ma è evidente che il vero soggetto di Stronger è o avrebbe voluto essere la paura della demagogia ma Gordon Green non è Clint Eastwood, che non ha mai smesso di interrogarsi sulle menzogne di Stato, sulla fabbricazione di icone e sui nuovi sfruttamenti manichei della nozione di bene e di male. Come si costruisce quel momento in cui la realtà volge in leggenda e la storia in ideologia? Questa reazione chimica doveva diventare il vero racconto del film, la singolare epopea individuale di un ragazzo trascinato a cerimonie ufficiali, eventi sportivi e incontri grotteschi con una società diventata improvvisamente aliena e una nazione bisognosa di credere alla rappresentazione semplicistica di un fatto enorme (l'attentato di Boston del 2013).
Questionando sulla natura dell'eroismo del suo personaggio, Gordon Green non perviene mai alla domanda al cuore delle opere di Eastwood. La rinuncia al sentimento umano è la condizione necessaria all'edificazione di una statua eroica?
MAR 02-10-2018 | 16:00 - 20:00 |
MER 03-10-2018 | 18:00 - 21:00 |
GIO 04-10-2018 | 20:30 |
Biglietto Intero | € 6.50 |
Biglietto Ridotto | € 5.00 |
Tessera Jolly 8 ingressi | € 36.00 |
...Per riconquistare il cuore di Erin, che lo ha lasciato, poi lo ha ripreso e poi lo ha lasciato di nuovo, Jeff Bauman prepara un cartellone e si piazza sulla linea di traguardo della maratona di Boston. Ma Erin non finirà mai la gara perché una bomba esplode uccidendo e ferendo pubblico e partecipanti. Jeff è tra le vittime dell'esplosione. Amputato delle due gambe, Jeff ha visto uno degli attentatori e aiuta gli agenti dell'FBI a identificarlo. Ragazzo ordinario, diventa simbolo di resilienza ed eroe nazionale malgrado lui. Se la famiglia cavalca l'onda improvvisa della notorietà, Erin sembra l'unica ad accorgersi del dolore di Jeff, che vorrebbe solo rimettersi in piedi. Il percorso non sarà facile, per 'camminare come un uomo' non bastano due gambe nuove. L'irriducibile Peter Pan che vive ancora con la madre non ha altra scelta che diventare grande.
È impossibile prendere una posizione (critica) contro la virtù. La storia (vera) di Jeff Bauman risuona vicina allo spettatore come tutte le storie edificanti di cui Hollywood si nutre.
Stronger non ha niente della grande opera ma si iscrive onorabilmente tra i film che raggiungono il loro obiettivo, suscitare l'emozione, senza ricorrere all'enfasi. Alla riuscita di Stronger contribuisce non poco la performance di Jake Gyllenhaal, che si mantiene sempre al di qua del sentimentalismo. A remargli contro è lo script troppo concentrato sulle relazioni affettive e distratto, se non addirittura incurante del trauma e dell'adattamento post-amputazione del protagonista.
Focalizzato sugli aspetti fisico-oggettivi dell'amputazione e della riabilitazione protesica, più facilmente traducibili dalla grammatica cinematografica, Stronger sorvola sulla psicologia e sull'esperienza traumatica che avrebbe offerto a Gyllenhaal l'occasione di valorizzare la sua cifra di adolescente attardato e abitato da una perturbante estraneità. Corpo pervaso da un'indeterminatezza perenne, quasi sempre ferito in un affetto importante o da un rapporto mancato, l'attore rivela daccapo una fisicità puberale nella composizione di un ragazzo ordinario che diventa figura emblematica della resistenza bostoniana.
In soccorso della sua interpretazione interviene qualche volta la regia di David Gordon Green restituendo la prospettiva personale dell'uomo e del paziente. Il punto più alto di immaginazione cinematografica è il cambio di bendaggio, un singolo take che mette a fuoco il volto dell'attore e lascia fuori fuoco la fasciatura, che protegge e nasconde lasciando spazio all'illusione, e il personale sanitario incaricato di 'riparare' il danno. Ma è evidente che il vero soggetto di Stronger è o avrebbe voluto essere la paura della demagogia ma Gordon Green non è Clint Eastwood, che non ha mai smesso di interrogarsi sulle menzogne di Stato, sulla fabbricazione di icone e sui nuovi sfruttamenti manichei della nozione di bene e di male. Come si costruisce quel momento in cui la realtà volge in leggenda e la storia in ideologia? Questa reazione chimica doveva diventare il vero racconto del film, la singolare epopea individuale di un ragazzo trascinato a cerimonie ufficiali, eventi sportivi e incontri grotteschi con una società diventata improvvisamente aliena e una nazione bisognosa di credere alla rappresentazione semplicistica di un fatto enorme (l'attentato di Boston del 2013).
Questionando sulla natura dell'eroismo del suo personaggio, Gordon Green non perviene mai alla domanda al cuore delle opere di Eastwood. La rinuncia al sentimento umano è la condizione necessaria all'edificazione di una statua eroica?